di Giovanni Piazzese
È trascorso poco più di un anno da quando, il 25 gennaio 2011, gli egiziani hanno deciso di sollevarsi contro la trentennale presidenza di Hosni Mubarak. Sospinti dallo spirito della «primavera araba», in diciotto giorni la popolazione ha posto fine al regime e alla paventata successione di Gamal al padre, uno scenario che gli analisti di tutto il mondo giudicavano probabile viste le condizioni di salute dell’ex presidente. Diciotto giorni in cui sono rimaste uccise più di 800 persone, ma in cui si è anche vista la solidarietà dell’esercito nei confronti dei manifestanti e dove persone di tutte le classi sociali e confessioni religiose si sono unite per raggiungere un obiettivo comune: uno stato libero e democratico.
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